Dicembre è il mese in cui, in Puglia, la raccolta delle olive entra nel vivo. A seconda delle zone e delle cultivar si può avviare la raccolta a settembre, ma sicuramente dicembre è il mese in cui la maggior parte degli agricoltori si sposta nei propri terreni per dare il rush finale a quella che è una attività intensa e faticosa.

Ricordo che quando ero piccina la raccolta delle olive si faceva in famiglia. Fratelli, cugini, zii, prozii venivano chiamati “a raccolta” per dare una mano. Si trattava di veri e propri scambi di cortesie “io vengo a te, tu vieni a me” che rendevano la raccolta delle olive più leggera ed economica.

Fra tutte le operazioni a cui assistevo ce n’era una che mi affascinava più delle altre: lo spostamento dei panni. Enormi teli, che quando non ero ancora nata erano pesanti e non traforati, da trasferire da un albero all’altro seguendo un ordine che facilitava l’operazione e che non faceva stancare più del dovuto i lavoratori.

A mia memoria i panni sono stati sempre retinati, espediente che li rende più leggeri ma anche maggiormente esposti a sgradite lacerazioni.

A volte, senza che alcuno se ne accorgesse, si creavano dei grandi buchi dovuti ai continui sfregamenti con il terreno. Ed ecco che proprio da quei buchi uscivano mucchietti di olive appena raccolte che se nessuno notava erano destinate a perdersi nel campo o a diventare “patè di olive” spiaccicato sulla suola delle scarpe.

Un giorno, per l’ennesima volta, le olive fuoriuscirono dal panno facendo irritare visibilmente mio nonno.

“Oggi non è giornata”, ripeteva. Era diventata una cantilena. A ogni colpo di verga la stessa storia: “Oggi non è giornata”. E a ogni spostamento di panni il solito mucchietto di olive disperso nel terreno.

Andò avanti così fino a quando la nonna, dispiaciuta per la sfortunata serie di “sversamenti”, mi sussurrò all’orecchio di aver trovato un ruolo importante per me che, a dire la verità, trascorrevo tutto il tempo a correre per il campo e a scrutare i formicai.

«Lucì, dai questo fischietto al nonno e digli di usarlo quando stanno trasferendo il panno da un albero all’altro. Funzionerà da richiamo per te e da svago per lui. Quando lo senti ti precipiti dal nonno e gli ricordi che il buco non è sparito e che con qualche piccolo accorgimento le olive non fuoriescono».

La proposta della nonna non mi entusiasmò, ma seguii ugualmente le sue indicazioni. E feci bene, perché ricordo che fu una delle giornate più belle che avessi mai trascorso in campagna. Il nonno fischiava e rideva, fischiava anche quando non ce n’era bisogno, e io mi precipitavo da lui saltellando e canticchiando “Buchino buchetto a chi vuoi fare ‘sto dispetto?”.

La giornata trascorse serena e di mucchietti di olive fuori dal panno neppure l’ombra. Il nonno, felice di aver fatto squadra con me, aveva il volto disteso nonostante le tante ore di lavoro. Quel fischietto, che custodisco ancora gelosamente, è stato il nostro speciale richiamo per diversi anni.

Ancora oggi mi stupisco di quanto un semplice segnale, fin troppo squillante, possa oggi risuonare dolce e soave.