La befana è attesa con impazienza da tutti i bambini in ogni parte d’Italia. Il suo aspetto può risultare un po’ inquietante, così come può essere inquietante il suo “bottino” di regali lasciati nelle calze appese con gioia al caminetto. Lo ammetto, in qualche occasione io e mio fratello Girolamo abbiamo ricevuto più carbone che dolciumi, ma l’attesa della befana è sempre stata eccitante, forse proprio per l’incertezza dei suoi doni.

Anche mio papà ha vissuto con la stessa eccitazione l’arrivo della befana (ebbene sì, è stato bambino anche lui, ndr), ma nel suo caso l’attesa era vivacizzata da un compagno di viaggio tutt’altro che rasserenante. Suo nonno, Pantaleo u granne, faceva di tutto per rendere le ore che precedevano l’arrivo della befana davvero uniche e impossibili da dimenticare.

- «Nonno, sai che giorno è oggi?».
- «Men a Pantalè, lo sai che non leggo il calendario. Vivo i giorni senza contarli così il tempo sembra non passare mai».
- «Sì, ma sai almeno in che mese siamo?».
- «Quello lo riconosco dai lavori che facciamo in campagna. Mo siamo a fine raccolta delle olive, quindi è gennaio!».
- «Bravo nonno! E sai a gennaio viene a trovarci una persona speciale?».
- «Eccome se lo so! Non l’ho mai vista in faccia. Dicono che sia brutta, ma secondo me è una donna angelica travestita da strega. Si concia in maniera strana altrimenti tutti si innamorerebbero di lei».
- «Ma cosa dici, nonno! Abbassa la voce che la nonna ci sente».
- «La nonna è insuperabile, Pantalè, ma secondo me la befana è bella!».
- «Sì, vabbè, ma cosa le facciamo trovare quest’anno?».

Hai letto bene, in realtà, i due Pantaleo non aspettavano la befana perché felici di ricevere i suoi doni, bensì per stupirla con il regalo realizzato appositamente per lei.
La loro era una befana fortunata, perché, a prescindere da ciò che avesse lasciato nella calza, avrebbe ricevuto in dono qualcosa di speciale come omaggio alla sua mitologica bellezza (per il nonno) e come riconoscenza per il duro lavoro che svolgeva durante quella lunga notte.

- «Quindi oggi è il 5 gennaio! Pantalè, mi dovevi avvisare prima! Cosa possiamo realizzare mai entro mezzanotte?».
- «Dai, nonno, le sfide ci piacciono! Facciamoci venire in mente qualche idea originale e mettiamoci subito al lavoro!».
- «‘Na parola!».

Panteleo u granne e Pantaleo u picciue si sedettero uno di fronte all’altro, in silenzio, in attesa di essere illuminati dall’idea giusta, che mai sarebbe arrivata se la nonna non li avesse “risvegliati” dai loro pensieri: Pantaleo fantasticava sui dolciumi che avrebbe trovato nella calza, il nonno fantasticava sulla cena che stava preparando la nonna.

- «Pantalè!», urlò la nonna, facendo sobbalzare entrambi sulle sedie e facendoli tornare di colpo alla realtà. «Eccoli i miei due soldatini di terracotta - disse sorridendo. Per questa sera sto preparando l’acquasala, ma visto che ho tanto pane raffermo stavo pensando di preparare anche una pizza di pane. Che dite?».
- «Che idea meravigliosa, nonna! Potremmo lasciarla vicino al caminetto così la befana può riposarsi gustandola».

Immediatamente mio padre e suo nonno iniziarono a prepararla. Tagliarono a tocchetti il pane raffermo e lo misero in una ciotola. Tagliarono più pane del dovuto, volutamente. Lo fecero perché volevano preparare due pizze di pane… anche loro a cena ne volvano assaggiare un po’.

Irrorarono il pane con acqua tiepida, sale e olio extravergine di oliva, ovviamente quello buono prodotto con le olive di famiglia. Quando il pane diventò tenero iniziarono a sbriciolarlo con le mani. La nonna, intanto, oliava due teglie e controllava che tutto procedesse in modo corretto. Quando ormai l’impasto di pane aveva raggiunto la consistenza giusta, Pantaleo u picciue e Pantaleo u granne lo stesero nelle teglie. Poi condirono il tutto con salsa di pomodoro, rigorosamente fatta in casa, e scamorza (quella del vicino, maestro casaro da generazioni).

Il caminetto intanto ospitava una bella brace viva, la nonna adagiò la prima teglia, in pochi minuti la pizza di pane fu pronta. Il suo profumo si sparse per tutta la casa. Subito i due instancabili lavoratori si fiondarono sulla teglia per mangiarla. La finirono tutta senza lasciare neanche una porzione alla nonna. La pizza di pane destinata alla befana fu cotta molto più tardi, altrimenti mio padre e suo nonno avrebbero divorato anche quella.

Durante la notte mio padre non chiuse occhio, attendeva con ansia di sentire i passi della befana che una volta in casa si sarebbe dedicata al riempimento della calza e poi, accomodandosi sulla poltrona, si sarebbe deliziata con la loro pizza di pane. L’attesa del piccolo Pantaleo fu ben ripagata. Poco dopo la mezzanotte udì i suoi passi delicati, i rumori di chi rovista fra i dolciumi e il respiro sereno di chi si gusta un po’ di serenità accompagnata da buon cibo. Pantaleo poté finalmente abbandonarsi alle braccia di Morfeo.

Al risveglio, Pantaleo aveva solo un pensiero in mente: correre verso il caminetto e accertarsi che la befana avesse assaggiato la loro pizza di pane.
Con sua grande sorpresa trovò accanto alla teglia un biglietto scritto a mano che recitava così:

“Il vostro pensiero non è solo stato gentilissimo, ma mi ha permesso di riempire le calze di altri bambini che grazie a voi potranno assaggiare qualcosa di davvero speciale perché è stato realizzato con amore. Grazie”.

Pantaleo corse ad abbracciare la nonna e scappò verso il suo letto.

- «Pantaleo, non vuoi scoprire cosa sta nella calza?».
- «Un attimo, nonna. Devo conservare questo biglietto, è più importante, perché ogni volta che lo leggerò mi ricorderà di quanto io sia fortunato a vivere in questa meravigliosa famiglia».